Rivoluzione digitale e disordine politico

Italia

di Antonio Pilati

Da un quarto di secolo uno straordinario vento di innovazione sta trasformando in tutto il mondo la vita di miliardi di persone: lo alimentano due grandi sequenze di eventi, due processi epocali molto diversi, eppure legati al fondo da affinità e influenze reciproche: uno è la rivoluzione digitale che sovverte economia e società; l’altro è il crollo dell’ordine politico che dalla fine della seconda guerra mondiale dava stabilità alle relazioni internazionali. A prima vista poco o nulla li collega: uno attiene allo sviluppo della tecnologia, l’altro alle complicate vicissitudini della politica; uno modella la vita quotidiana, i rapporti tra le persone, gli scambi dei mercati, l’altro mette in gioco rapporti di forze e gerarchie di potenza.

Tuttavia esistono molti nessi, formali e sostanziali. Entrambi i processi hanno un’energia dirompente che sradica schemi mentali, abitudini, ideologie. Il decorso temporale è simile: a un periodo di incubazione, ovvero di preparazione, che dura grosso modo dalla metà degli anni 70 alla fine degli anni 80, succede una fase di pieno sviluppo che diventa sempre più incisiva fino a generare nel secondo decennio del millennio novità evolutive di larga portata. Anche gli effetti sono per certi versi paralleli: entrambi portano outsider in posizioni di preminenza, diffondono instabilità, innescano nuove regole di comportamento. Più in profondità le innovazioni della tecnologia formano i presupposti – estensione dei mercati su scala mondiale, potenziamento delle capacità organizzative, evoluzione dell’interazione sociale – che alimentano il prolungato disordine politico.   

La rivoluzione digitale debutta su scala di massa all’inizio degli anni 80 subito dopo i tentativi d’avanguardia di Apple con il Macintosh (fine anni 70): nel 1981 Ibm lancia il personal computer e nel 1982 Commodore mette sul mercato C-64 che venderà oltre 20 milioni di pezzi. Si riconfigurano le organizzazioni ed è razionalizzata la gestione delle conoscenze che potenziandosi attiva nuovi e più estesi flussi di attività: uno degli effetti collaterali colpisce il già obsolescente sistema produttivo dell’Unione Sovietica che si rivela incapace di adeguarsi ai nuovi standard tecnologici dell’Occidente e precipita a spirale accelerando il crollo. Negli anni 90 la tecnica digitale propizia la drammatica espansione della finanza e attraverso il web, che comprime i vincoli organizzativi, fornisce l’infrastruttura operativa che nel nuovo secolo la porterà a colonizzare in modo capillare l’economia e la vita sociale: grazie a una potenza di calcolo in continuo aumento massimizza il numero e l’ampiezza delle operazioni realizzabili, azzera i tempi per la distribuzione delle conoscenze, inventa nuovi servizi. L’accesso ai depositi di sapere si rende universale, ognuno – in quanto ha facile modo di trovare la propria audience – può diventare fonte, si creano dimensioni interpersonali in precedenza neppure immaginate, cambiano volto professioni e sistemi di attività, dal giornalismo alla medicina fino alle operazioni militari. In breve tempo, nel nuovo secolo, fanno il salto a protagonisti globali, insieme creativi e aggressivi, una eterogenea gamma di nuovi soggetti – economici, politici, criminali. Si dissolvono rendite di posizione basate su depositi cognitivi accumulati nel tempo, recintati e resi esclusivi; si riducono intermediari e broker; si moltiplicano i teatri operativi, i processi di produzione, le opportunità di mercato. La crescita di Cina, India, Brasile ha tempi scanditi in parallelo con questo poderoso sviluppo: le gerarchie di potenza si trasformano.

Dal lato delle relazioni internazionali, l’ascesa dei mercati alla dimensione globale e l’enorme capacità d’azione che lo sviluppo degli strumenti organizzativi (finanza in primis) schiude a soggetti svincolati da responsabilità generali scatena una dinamica degli eventi che sfugge alla capacità di indirizzo dei principali attori politici e delle istituzioni sovranazionali portando, in una complicata spirale di retroazioni, al convulso disordine attuale. Nazioni di esplosiva demografia e sganciate dai costosi carichi del Welfare State sfruttano al meglio i progressi di efficienza organizzativa portati dalla rivoluzione digitale (in particolare la dimensione mondiale di scambi e produzione) e passano in pochi anni dal sottosviluppo alla preminenza economica. Negli Stati Uniti si impone una nuova configurazione degli interessi in cui ha influenza preponderante, anche solo per la sua consistenza materiale, la prospettiva finanziaria. Aree del pianeta come l’Europa, un tempo cruciali, ora non riescono a tenere il passo dell’innovazione per l’effetto di blocco esercitato da apparati pubblici troppo pesanti e intrusivi che acuiscono i danni di una fragile struttura demografica e cadono nella marginalità politica.

 

 

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