di Giulio Tremonti
Dall'officina della "riforma costituzionale" che sarà oggetto del prossimo referendum dovrebbe fuoriuscire una nuova "macchina politica". Una macchina più veloce, più economica, più stabile. Tra l'altro una macchina politica essenziale per la più forte "governance" che l'Italia dovrebbe esprimere sul nuovo quadrante europeo.
Oggettivamente non è così. Per certi versi è anzi l'opposto. Nei seguenti termini:
- una macchina che dovrebbe essere più veloce, essenzialmente sul piano della produzione legislativa?
Il processo legislativo italiano (ammesso che in Italia davvero sia necessaria una ancora maggiore quantità di leggi) è in realtà già iper-veloce.
La parte più importante e strategica della legislazione italiana ha infatti preso ed ormai a regime prende la forma del Decreto legge. Un particolare tipo di provvedimento, questo, su cui il Governo può imporre (impone) il voto di fiducia.
L'effetto è che il tempo medio di legislazione è ormai circa pari a 50 giorni.
E' stato detto che risulterebbe così svilita la funzione del Parlamento. In realtà le cause dello svilimento del Parlamento sono molto più profonde e sostanziali.
In ogni caso la funzione dei Parlamenti occidentali non è quella di votare commi ed emendamenti, ma piuttosto quella di esercitare funzioni di indirizzo e controllo generale, essenziali per la democrazia.
In ogni caso, se con la riforma si fosse davvero voluto velocizzare il "law making", meglio sarebbe stato eliminare il disposto costituzionale per cui le leggi si approvano votando "articolo per articolo" (art. 72, primo comma), disposto questo che fu previsto nel 1948 come garanzia antifascista, ma che è ormai superato dai tempi. Oggi risulta in effetti difficile pensare che la resistenza antiautoritaria, se mai necessaria, possa utilmente prendere la forma del sistematico diritto a presentare emendamenti ai commi di legge;
- una macchina più economica?
I risparmi sui costi di riduzione del numero dei Senatori sono stati stimati dalla Ragioneria Generale dello Stato in non più di circa 50 milioni di euro (il Governo ha poi aggiunto uno zero...).
I risparmi derivanti dall'eliminazione di altri enti sono poi irrilevanti, data l'invarianza del costo del personale che dovrebbe comunque essere riassegnato agli enti di originaria appartenenza (si veda, al proposito: "Quo Vado", di Zalone).
Per contro aumenteranno esponenzialmente i costi di gestione e di transazione derivanti dalla enorme complessità del nuovo meccanismo politico.
Ad esempio, nella sola Camera dei deputati sono previsti 10 diversi tipi di procedura legislativa da condividere comunque con il Senato, con il conseguente rischio (certezza) di emersione a catena di conflitti per "attribuzione di potere".
Conseguentemente, se pure il prezzo di listino della macchina fosse un po' più conveniente, il costo del suo funzionamento e della sua manutenzione sarebbe per contro molto superiore;
- infine, una macchina più stabile?
Non sarà così. L'instabilità sistemica della nuova macchina politica deriverà infatti e principalmente dalla scelta di non abolire il vecchio Senato, ma piuttosto dalla scelta di attribuirgli competenza non solo sugli affari regionali e municipali, ciò che sarebbe assolutamente logico, ma anche sugli affari europei, ciò che sarebbe invece assolutamente illogico. Così emergendo l'"unicum" costituito da una Camera con origine locale, ma con competenza sovranazionale.Il nuovo Senato avrà in specie una sua propria e piena, ovvero paritetica competenza legislativa, tanto sulla normativa europea "in" ed "out", quanto sui Trattati europei.
Ciò che è in specie del tutto evidente:
- nel testo del nuovo art. 70, primo comma, della Costituzione, secondo cui: "La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere (N.B. Dunque, anche dal nuovo Senato) per... la legge che stabilisce le norme generali, le forme e i termini della partecipazione dell'Italia alla formazione ed alla attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea".
Non varrebbe rilevare, al proposito, che questa è "solo" una competenza legislativa di "secondo grado", ovvero che il citato art. 70, prima comma, è "solo" una "norma sulle norme", ovvero una meta-norma. All'opposto, proprio perché è così, il nuovo Senato può determinare, e se lo vuole può bloccare "in" ed "out", l'intero procedimento legislativo relativo al rapporto tra l'Italia e l'Unione europea.
A titolo puramente indicativo, per produrre su questo procedimento un effetto di "blocco" basterebbe (ed avanzerebbe) introdurre una norma che, in materia di risparmio o di immigrazione, prevede una consultazione popolare!
Non solo: si tratta di normativa che impatta direttamente sulla organizzazione e sul funzionamento del Governo.
Si consideri a questo proposito, ad esempio, che nel corpo della "meta-norma" oggi costituita dalla L. 24 dicembre 2012, n. 234, ci sono le seguenti norme: l'art. 2 (Comitato interministeriale per gli affari europei), l'art. 18 (Dipartimento per le politiche europee), l'art. 19 (Comitato tecnico di valutazione degli atti UE), l'art. 20 (Nuclei di valutazione degli atti dell'UE); art. 21 (Esperti nazionali distaccati), l'art. 31 (Procedure per l'esercizio delle deleghe legislative conferite al Governo con la legge di delegazione europea), l'art. 32 (Principi e criteri direttivi generali di delega per l'attuazione del diritto dell'Unione europea);
- ancora, nel testo del nuovo art. 87 della Costituzione, in coerenza con quanto sopra ed a conferma di quanto sopra, si trova disposto che: "Il Presidente della Repubblica ratifica: trattati relativi all' appartenenza dell' Italia all' Unione Europea, previa l'autorizzazione di entrambe le Camere". (N.B. Dunque anche del nuovo Senato).
In sintesi, come con la riforma costituzionale del 2000-2001, con il nuovo "Titolo V", emerse imprevisto (?!) l'"incidente del futuro", sarà lo stesso o peggio con il nuovo Senato. E ciò per le seguenti ragioni:
- il nuovo Senato non sarà più eletto dal popolo, come sarebbe per la Camera dei Deputati, ma destinato ad autogenerarsi per partenogenesi, attraverso misteriosi e tortuosi passaggi interni alle Regioni;
- al nuovo così fatto Senato il Governo non potrà più chiedere (imporre) il voto di fiducia e perciò il Governo dovrà sempre recarsi in Senato alla ricerca di "accordi" politici da fare caso per caso, giorno per giorno.
In questi termini, data la storia e l'esperienza politica italiana, è purtroppo ragionevole prevedere che il nuovo Senato, se le esprimerà (può essere che entri in stallo da subito), esprimerà comunque maggioranze sistematicamente diverse rispetto a quelle espresse dall'altra Camera! Maggioranze via via incontrollabili, casuali, asimmetriche, anarchiche, offerte in vendita sul mercato da un improbabile bestiario politico.
Dato quanto sopra, questo rischio-effetto di caos politico, se non positivo in materia di competenze regionali o municipali, sarà drammatico e comunque ancora più probabile in una materia strategica e politicamente sensibile come è quella europea.
Si consideri al riguardo che la materia europea è ormai centrale nella vita di ogni Stato membro dell'Unione e così certo anche in Italia.
Ed è e sarà sempre più centrale, la materia europea, nei giorni a venire, a partire da Brexit per arrivare alla necessaria conseguente revisione dei Trattati europei!
Comunque ci si rapporti all'Unione europea (per restarci, per uscirne, per cambiarla), in una fase storica in cui sarà fondamentale avere in Europa una nostra più forte "governance", proprio su questo scenario l'Italia "riformata" avrà un governo con un tasso di "governance" tendente al caos ovvero allo zero. Altro che Brexit!
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