Perchè dico no al referendum costituzionale

Italia

L'INTERVENTO DEL SENATORE TREMONTI IN SENATO

di Giulio Tremonti

Tremonti Giulio

I fatti di questi giorni ci dimostrano in modo drammatico la centralità della questione europea. Certo, l’Europa era già entrata, e vastamente, nella nostra vita. Ad esempio, l’80% circa della legislazione interna italiana è già di matrice europea: si va dalle materie più importanti, si pensi ad esempio alla materia del risparmio; per arrivare alle materie più stravaganti. A titolo indicativo, ancora due mesi fa l’ultima legge comunitaria si occupava imperterrita di basilico e rosmarino, di salvia e di tartufi. Ma la centralità della questione europea emerge oggi in forma assoluta e drammatica con l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea.

A fronte della crisi europea il Capo del Governo ha detto che la sua visione, la sua azione e, soprattutto, la sua nuova Costituzione, sono fatte per difenderci. Ci si permetta di dubitarne. Anche di dubitare di quest’ultima, della nuova Costituzione. Sul quadrante europeo la nuova Costituzione non è infatti, e non sarà affatto, uno scudo protettivo, ma piuttosto un pericolo aggiuntivo.

Nella storia e nel mondo non c’è infatti il caso, il precedente, di una Camera – come sarebbe il nuovo Senato – con origine locale, ma con competenza internazionale ed in specie con competenza proiettata su di una materia strategica e decisiva come soprattutto oggi è la materia europea.

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Materia intorno a cui, tanto nel caso che si scelga di restare nell’Unione, quanto nel caso che si scelga di uscirne, ruota e ruoterà di qui in avanti l’asse della politica di tutti gli Stati europei. La nuova Costituzione italiana sarebbe un male in tempi normali, ma sarà un tragico errore nel tempo di ferro che sta arrivando. Se c’è stato, e c’è stato, un tragico errore da parte dei costituenti è stato quello di scambiare le Regioni con il Senato e di attribuire al Senato competenze europee più o meno simili a quelle che hanno le Regioni.

Ma non considerando che la competenza legislativa delle Regioni è comunque limitata dallo Stato, mentre quella del nuovo Senato è illimitata. Ed anzi, sempre nella nuova Costituzione, è assurdamente estesa (secondo tragico errore) anche alla revisione costituzionale! In specie, negli articoli 55 e 70 si parla 4 volte di Unione Europea per dare al nuovo Senato competenza legislativa concorrente, paritetica, forse anche esclusiva, in materia di: “rapporti dell’Italia con l’Unione europea”. A chiusura, nell’articolo 87 si dispone che il Presidente della Repubblica: “ratifica i Trattati relativi all’appartenenza dell’Italia all’Unione europea previa autorizzazione di entrambe le Camere”. Tanto per parlare di fine del bicameralismo.

Così che 18 Sindaci casuali ed a tempo parziale, 7 padri della patria a tempo determinato, solo per 7 anni, circa 70 consiglieri regionali: la somma di questi addendi eterogenei avrà competenza sul rapporto dell’Italia con l’Europa e perciò competenza sul nostro destino.

Saranno senatori meno numerosi, ma proprio per questo molto più potenti. Una compagine che, così fatta, per forza di cose sarà via via sempre più asimmetrica, rispetto alla maggioranza politica della Camera; sempre più eterogenea, casuale ed erratica; comunque fatalmente saranno senatori destinati ad avere un proprio e crescente potere di voto, di veto, di ricatto. Più di due anni fa il Presidente Renzi si è presentato nell’Aula del Senato annunziandosi come l’ultimo Presidente a chiedere la fiducia al Senato. In un prossimo futuro potrebbe avere ragione per pentirsene, dovendo recarsi nel "suo" nuovo Senato, un Senato che sarà certamente vischioso e paludoso, per chiedere voti che saranno sempre più decisivi per le sorti del Paese, ma senza poter imporre la fiducia. Per avere i voti dovrà andarci, nel nuovo Senato, in compagnia di indovini, di cartomanti o peggio.

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In questi termini, dobbiamo con serietà constatare che il bicameralismo non è stato affatto abolito, come è nella narrazione televisiva, ma piuttosto concentrato e distorto: un bicameralismo suicida, dentro una Costituzione che non porterà la fine della confusione, ma piuttosto una confusione senza fine.

Si noti, per inciso, che a seminare referendum non necessariamente si raccolgono plebisciti. In sintesi, con la Brexit, l’“incidente del futuro” si è verificato ma, per relativa fortuna, si è verificato prima che la nuova Costituzione entrasse in funzione.
E’ stato meglio così e possiamo anche dire che non è stata colpa di nessuno. 
Ma, almeno su questo, almeno per una volta, nell’interesse del paese, ci si fermi per riflettere!

Ciò premesso, e se è permesso ancora da questo vecchio Senato, guardiamo all’Europa e allo “Stato dell’Unione”.  Molte altre volte, ed anche in questa Aula in questi anni, abbiamo avvertito sull’arrivo di una “crisi generale” dell’Europa.
Lo si è fatto notando che, a partire dal 1989, in Europa e sull’Europa si sono via via addensati, e sono stati festeggiati, del tutto ignorandone il lato oscuro, si sono addensati e festeggiati in sequenza, ed in fine in drammatica combinazione, 4 principali fattori di crisi:

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  • l’allargamento;
  • la globalizzazione;
  • l’euro;
  • l’assenza nei Trattati dell’ipotesi che una crisi potesse arrivare. Come se il bene fosse la regola ed il male invece l’impossibile.

E poi ancora le migrazioni e la distruzione del lavoro, causata dalla rivoluzione digitale. E, tuttavia, in quella che si chiama la “casa” di Bruxelles, gruppi di “sonnambuli” continuano ancora a credere che, tutto sommato, si viva ancora nel “migliore dei mondi possibili”, che non ci siano stati da parte loro errori o colpe, semmai solo errori o colpe da parte dei popoli.

Dominante ancora l’idea che sia chi comanda a scegliere i popoli e non i popoli a scegliere chi comanda.
Tutto invece ed in realtà è cambiato e non si può continuare a credere che sia sufficiente:

  • il lancio di interdetti e di esorcismi, la demonizzazione dei popoli condannati come autori di inammissibili “secessioni della plebe”;
  • l’aggiornamento delle “family photo” corrette, semmai solo con qualche sbianchettamento;
  • la stesura di dichiarazioni e comunicati congiunti di che in realtà dimostrano più debolezza che forza;
  • l’invenzione di nuovi tipi di “Direttorio” fatti a “Troika”. A chi considera un successo l’entrarci va in specie ricordato che il lato giusto della storia non è in alto ma in basso, non è a partire dal vertice ma dalla base.

In ogni caso è sempre più chiaro che non si possono gestire fenomeni così forti e così nuovi con formule che sono tanto vecchie quanto sbagliate.

img02Oggi abbiamo davanti 3 ipotesi principali, 3 possibili scenari. 
Primo scenario: continuare a credere che possa ancora reggere una Unione sopra gli Stati. Una Unione che pretende potere senza responsabilità sopra, e senza democrazia sotto.
Liberi tutti di parlare e di votare su tutto, su tutto tranne che sull’Europa!

Secondo scenario: ritornare a Stati tra di loro isolati, padroni del loro passato, ma fatalmente destinati ad essere dominati da forze globali che si sono già viste in azione ed ancora peggiori di questa Unione. Può essere, non si può certo escludere, che ci si arrivi. Ma, prima che sia così, abbiamo il dovere politico e storico, il dovere di provare a tornare allo “spirito creatore” dell’Europa. Come era negli ideali originari e come è poi stato invece tradito sovvertendo la regola costituzionale fondamentale della sussidiarietà nel rapporto tra gli Stati e l’Unione europea.

Terzo scenario: non una Unione senza gli Stati, non Stati senza Unione, ma sostituire i vecchi Trattati con nuovi “Articoli di Confederazione”. Farlo a partire dagli Stati nazionali che non sono più, come mezzo secolo fa, pericolosi incubatori di guerre, ma provvidenziali contenitori di quel che resta della democrazia. 

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Su queste basi: 

  • riscrivere i Trattati per definire “ex novo” ciò che può essere fatto sopra. A partire per esempio dalla difesa;
  • ma lasciare sotto tutto il resto, come è appunto nella logica e nel principio della sussidiarietà.

I popoli sono infatti più saggi di Bruxelles nello scrivere le leggi destinate a governare la loro vita nella libertà e per la loro prosperità, senza alcun bisogno dell’integralismo giuridico europeo.

In conclusione:

  • tra insistere su di una utopia fallita e perciò senza futuro;
  • tra tornare ad un passato forse pure questo senza futuro;
  • invece, cercare per un’ultima volta di fare prevalere l’ordine sul disordine e la ragione sulla follia.

Sono infatti gli Stati nazionali e sono i loro popoli che nella libertà e nella democrazia, sono questi che oggi hanno ancora l’onore e l’onere di alzare in Europa la bandiera della civiltà occidentale.
E’ solo così che si può aprire la strada verso un futuro migliore del presente, un futuro che abbia ad essere migliore per noi e per i nostri figli.

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Fabrizio Milan

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