Il panorama demografico nell'Italia del 2016
di Gian Carlo Blangiardo
Se le tendenze espresse dai dati sul movimento anagrafico che l’Istat rende disponibile, in via provvisoria, per i primi otto mesi del 2015 troveranno conferma nel corrispondente resoconto annuo, la popolazione residente in Italia subirà un calo di dimensioni straordinarie. Al forte deficit sul piano del saldo naturale andrà verosimilmente ad affiancarsi un apporto del tutto marginale, quand’anche ancora positivo, da parte dei movimenti migratori. Tutto ciò finirà per tradursi in una perdita di circa 150 mila abitanti nell’arco dei dodici mesi di un’annata che, come tutto lascia intendere, sembra destinata a regalarci un panorama demografico con nuovi e non sempre invidiabili record.
Estrapolando le tendenze osservate nei primi otto mesi del 2015, si prospetta per l’intero anno una stima di 489mila nati.
Il 2015 dovrebbe dunque «migliorare» il primato del minimo assoluto di natalità nella storia del Paese (stabilito nel 2014 con 503 mila unità) segnando la discesa oltre la soglia simbolica del mezzo milione di nati.Oltre a ciò i dati del 2015 ci regalano, pur nei limiti della loro parziale copertura temporale, anche l’immagine della drastica caduta del contributo netto dei movimenti migratori, stimabile al più nell’ordine di 20-30 mila unità per l’intero anno. Un fenomeno che in epoca recente era sino a dieci volte più rilevante e che deve il suo ridimensionamento sia alla minore attrattività dell’Italia nel panorama della mobilità internazionale (escludendo doverosamente sbarchi e transiti), sia alla crescente “fuga” di nostri connazionali (spesso giovani) alla ricerca di nuove opportunità e migliori soddisfazioni oltre confine.
Con un saldo naturale sempre più in deficit e un supporto migratorio sempre meno significativo, il bilancio demografico del 2015 attesta l’immagine di un Paese che, per la seconda volta nella sua storia, sembra destinato a sperimentare un forte calo del numero di residenti. La stima per l’intero anno 2015 è di circa 150 mila unità in meno. Occorre ricordare che per quasi un secolo non si era mai registrata, leggendo la dinamica della popolazione del nostro paese, una variazione di segno negativo, men che meno di tali proporzioni. Occorre risalire al triennio 1916-1918 per trovare - sommando le drammatiche conseguenze della Grande Guerra agli effetti non meno letali dell’epidemia “spagnola” - un calo di dimensioni quasi comparabili .
TRE TEMI DI DEMOGRAFIA «INTERNA»
Nonostante la scarsità di informazioni aggiornate e coerenti, il fenomeno della crescente «fuga» all’estero dei giovani italiani è del tutto evidente.
Secondo le statistiche armonizzate in base al Regolamento 862/2007 nel 2013 sono stati 120mila gli immigrati di cittadinanza italiana in un paese dell’Unione (più Norvegia e Svizzera).
Di essi 47mila risultano essere andati in Germania , 17mila nel Regno Unito e circa 10mila in Francia.
Oltre 44mila nostri concittadini hanno ottenuto un National Insurance Number (NINo) nel corso del 2013, più di tre volte il numero di quanti, nello stesso anno, hanno trasferito la propria residenza nel Regno Unito. E la tendenza non sembra invertirsi nel 2014: in base ai dati disponibili nei primi nove mesi dell’anno sono stati concessi ben 33.308 NINo, a fronte dei 44.111 dell’anno precedente. Inoltre, le registrazioni per i 12 mesi dell’anno finanziario 2014-2015 danno 57.524 casi.
L’aumento dei flussi migratori verso il Regno Unito è dato dal fatto che sempre più giovani decidono di iniziare un’esperienza di lavoro nel Paese; i soggetti in età 18-24, soprattutto maschi, sono quelli che più contribuiscono all’aumento delle concessioni di NINo a cittadini italiani.
Secondo stime che recepiscono le tenenze attuali e tengono conto della struttura per sesso ed età della popolazione , il numero di residenti con almeno 95 anni di età, oggi di poco superiore a 100mila unità, potrà raggiungere il mezzo milione tra circa vent’anni e superare il milione attorno alla metà di questo secolo. Se ne intuiscono gli impatti sul sistema sanitario e più in generale sul welfare.
Pur introducendo un consistente contributo netto da parte dei flussi migratori (per altro da rivedere alla luce delle tendenze più recenti), gli scenari prospettati da Eurostat mostrano come il deficit nel «ricambio generazionale» darebbe luogo a progressive riduzioni del totale della popolazione in età attiva. Senza l’apporto migratorio la dimensione del calo potrebbe variare tra 500mila e 1,5 milioni in ogni quinquennio dei prossimi trent’anni. Nonostante i limiti della tanto criticata legge n.91 del 1992 ci sono state in Italia 130mila acquisizioni di cittadinanza nel corso del 2014 che hanno fatto seguito alle 100mila del 2013.
Circa un quarto hanno riguardato soggetti in età inferiore a 15 anni. A legge invariata si stimano per il prossimo quindicennio flussi di passaggio alla cittadinanza nell’ordine di 150-200mila unità annue.
Nelle valutazioni su futuro di un paese che oggi ha già quasi 6 milioni di stranieri va messa in conto la crescente presenza delle «seconde generazioni». La gran parte dei giovani tuttora presenti in Italia vi sono nati o sono giunti da bambini/adolescenti
UNO SGUARDO OLTRE I CONFINI
Le previsioni delle Nazioni Unite circa il futuro della popolazione mondiale prospettano una quasi stabilità attorno a 10 miliardi di esseri umani poco dopo la metà del secolo.
Tutta la crescita, rispetto agli attuali 7,3 miliardi, sarà presente nei Paesi attualmente etichettati come a «basso sviluppo» ma in tale ambito la popolazione in più che andrà aggiungendosi sarà fortemente concentrata nelle età adulte e senili. Se è vero che i venti di guerra che alimentano i flussi fughe dei siriani e di quanti altri fuggono dalle situazioni di pericolo prima o poi smetteranno di soffiare (ci si augura), non sarà stessa cosa per il profondo Sud del Mondo. E’ opinione comune che l’Africa, quella Sub-sahariana in particolare, potrebbe non solo non allentare la pressione migratoria sul fronte europeo, ma persino accrescerla nei prossimi decenni. La crescita demografica nel corso dei prossimi vent’anni produrrà 400 milioni di soggetti in età attiva in più, metà dei quali saranno giovani adulti 20-39enni.
Secondo Eurostat il contributo netto delle migrazione per il complesso della popolazione di EU 28 tra il 2013 e il 2030 può variare da 15,6 milioni (annualmente 920 mila unità in più in media) a 19,5 milioni (1,15 milioni annualmente). L’opzione “migrazioni zero” significherebbe una popolazione di 499 milioni nel 2030 e un ulteriore riduzione a 399 milioni dopo altri 50 anni.
Il modello di popolazione stazionarie sottolinea come attraverso l’immigrazione la popolazione di EU 28 sarebbe in grado solo di rallentare il declino demografico.
Assumendo un numero annuo di nascite costantemente uguale all’attuale e senza alcun cambiamento dei liveli di sopravvivenza, persino un contributo migratorio netto “consistentre”, come quello registrato annualmente tra il 2001 e il 2011, non sarebbe né in grado di contenere il calo demografico, né di contrastare l’invecchiamento della popolazione.
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