Casi Lotti e Minzolini: la debolezza della politica

Italia

di Mario Caligiuri

I dibattiti di questi giorni in Parlamento sui due impeachment relativi a Luca Lotti e Augusto Minzolini hanno indotto a effettuare un sillogismo aristotelico: un "patto scellerato" per salvare a vicenda gli esponenti politici degli opposti schieramenti. Nel diluvio di parole si è ascoltato di tutto, che è il modo più sicuro per non capire nulla. Nel caso del ministro dello sport, si è giustamente invocato il principio che un avviso di garanzia di per sé non implica automaticamente la colpevolezza. E a gennaio di quest'anno i Cinque Stelle lo hanno riconosciuto nei loro regolamenti anche se, da tangentopoli in poi, nella percezione comune si realizza un'equivalenza. Ma le dichiarazioni di principio, com'è noto, sono a geometria variabile. Si applicano per Luca Lotti e Virginia Raggi ma non per i ministri Josefa Idem e Nunzia De Girolamo, Maurizio Lupi e Federica Guidi, per i quali, anche senza nessuna imputazione specifica, si sono chieste e ottenute le dimissioni. La vicenda di Minzolini è ugualmente emblematica perché, al di là del merito, richiama in ballo altre due questioni, tra loro collegate: l'immunità parlamentare e la legge Cancellieri. In base  a quest'ultima, per gli eletti, tranne i parlamentari, basta una condanna in primo grado per decretarne la decadenza, mentre per i parlamentari avviene in occasione di una condanna passata in giudicato, applicata, almeno in un'occasione, anche in modo retroattivo. Si tratta di norme fortemente contestate, ma pienamente in vigore e votate dal Parlamento con maggioranze bulgare. Da queste vicende cosa si potrebbe dedurre? Primo: che i valori costituzionali non sono assoluti poiché vengono usati a seconda del momento politico. Ovvio? Va precisato perché tutti, nessuno escluso, applicano questo criterio. Secondo: che la politica ha rinunciato alla sua centralità, per la debolezza dei comportamenti dei propri esponenti ma sui rimedi approntati occorre probabilmente qualche riflessione. I provvedimenti del Parlamento non sono mosaiche tavole della Legge: possono essere cambiate. Neanche Silvio Berlusconi, che pure per vent'anni ha marcatamente distinto la sua proposta politica con la riforma della giustizia, è riuscito a invertire la tendenza, fino a essere espulso dal Senato, in base a una legge da lui stesso votata. E forse proprio le ultime due vicende di Lotti e Minzolini, nella loro interezza, possono essere considerate l'emblema della inadeguatezza della politica, o, più precisamente, della sua rappresentanza.

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