Appunti su Artena

Italia

di Giulio Tremonti

"Mundus furiosus!”. Così prese a definirsi il ‘500, appena dopo la scoperta dell’America.
Da questa scoperta, dopo questa scoperta l’ordine del vecchio mondo fu infatti radicalmente e drammaticamente movimentato e trasformato.
L’avvento degli spazi atlantici spostò da est ad ovest l’asse degli interessi prevalenti.

Presero forma e forza nuove religioni, a partire da quelle protestanti. Religioni che – come oggi si direbbe – erano (sono) più “business friendly”, rispetto a quella cattolica romana. E poi nuove tecnologie, a partire dall’invenzione della stampa, (l’internet di allora!).

Infine, nuove strutture politiche, a partire dagli Stati-nazione, eversivi e sostitutivi dell’antico ordine dei feudi e dei principati.

La storia non si ripete mai per identità perfette ma oggi, al principio di questo secolo, la “mutatio rerum” che è in atto, la sua intensità ed accelerazione, tutto ciò che vediamo e che viviamo ci presenta e rappresenta una realtà ugualmente drammatica.

Per verificare l’intensità della “mutatio rerum” che è intervenuta tra la fine del ‘900 ed il principio di questo secolo può essere utile il confronto tra come eravamo prima e come siamo ora.

Certo, molte delle mutazioni che oggi sono in atto erano già da prima in incubazione (ad esempio, già si sgretolavano le basi del comunismo, tanto in Russia quanto in Cina).

Ma rispetto ad oggi, prima:

  • non c’era ancora la globalizzazione (il WTO è infatti del maggio 1994);
  • c’era un’europa ancora essenzialmente economica, senza la pretesa di configurarla come una nuova e propria struttura politica;
  • erano appena stati abbattuti i confini (Schengen risale più o meno al 1994), ma restavano ancora forti gli Stati-nazione, stile “Westfalia”;
  • non c’era l’euro;
  • non c’era internet (se non come struttura di servizio militare e scientifico);
  • in Russia c’era Eltsin; in Cina c’era Jiang Zemin; in Germania c’era Kohl, e così via.

In ogni caso, al principio certamente c’era la speranza!
Forse, anzi, un eccesso di speranze!

Ed è proprio per questo eccesso di speranza senza prudenza che ora (i) verso la fine di quello che (quasi) tutti pensavano potesse essere il “glorioso ventennio” della globalizzazione, (ii) il vettore della speranza è andato a schiantarsi.

La globalizzazione non era certo bloccabile…. ma forse e nell’interesse di tutti (Cina compresa) avrebbe potuto essere sviluppata in tempi più lunghi e più saggi….

Ciò che in realtà è stato è che una nuova tecnologia informatica (la “rete”) ed una nuova strumentale ideologia economica (il “mercatismo”), combinate insieme, tecnologia ed ideologia, hanno prodotto:

  • prima l’espansione economica globale (inquinamento ambientale compreso);
  • e poi esplosioni a catena, nei più vari quadranti geopolitici.

Ciò che oggi va notato è che tutto questo era prevedibile e già previsto se pure non da tutti. A titolo indicativo, a questo proposito, una prima citazione:

«Quando la storia compie una delle sue grandi svolte, quasi sempre ci troviamo davanti l’imprevedibile, l’irrazionale, l’oscuro, il violento e non sempre il bene. Già altre volte il mondo è stato governato anche dai demoni. » (questo è stato scritto nel 2007).

Ancora, sempre a titolo indicativo, un’altra citazione:

«All’alba del terzo millennio, si confrontano in Europa, due opposti modelli di società:

  • il modello «neo-giacobino» della società universale multirazziale, standardizzata dal «mercato», attore politico dominante che utilizza gli Stati come cinghie di trasmissione;
  • il modello «cristiano», di una società equilibrata tra presente, futuro e passato, tra locale e globale, tra in e out, tra forze nuove che premono dall’esterno e valori storici radicati nella tradizione.

I due modelli sociali si identificano nel punto di partenza, ma si differenziano radicalmente nel punto di arrivo». (Atto Camera n. 7234, presentato il 19 luglio 2000 (!)).

Oggi non solo stiamo nuovamente dentro ad un mondo che dal lato politico e/o geopolitico nuovamente ci pare “furiosus”.

Ma stiamo anche dentro ad un mondo che ci si presenta come rovesciato, nelle più fondamentali strutture materiali dell’esistente:

  • la parola “capitale” (da cui capitalismo) deriva dal latino “caput”: il capo di bestiame, simbolo della ricchezza reale.
    Ora i termini si sono invertiti: la massa della finanza cuba circa 1,4 quadrilioni di dollari e con ciò sovrasta per valore e per potere l’economia reale, fuori dal controllo della “politica”, ma anche della “tecnica”;
  • stiamo dentro un mondo dove si pensa che il PIL non si fa con il lavoro, ma con il debito. Al limite, dentro un mondo in cui si pensa che il PIL si fa con il dopolavoro, invece che con il lavoro!
  • stiamo dentro un mondo capitalistico, anzi dentro un mondo che mai nella storia è stato, se pur finanziariamente, così “capitalistico” … ma in un mondo in cui il capitale è a “tasso zero!” (anzi, come nel medioevo, oggi paghi per la custodia dei denari depositati in banca, con la differenza che oggi in banca …. rischi il bail-in!);
  • stiamo dentro un mondo privo di bussola, dove la politica pendola, dall’austerità alla flessibilità.
  • Il grave è che, a giorni alterni, lo predicano e lo pretendono le stesse persone!!!
  • stiamo dentro un mondo privo di bussola. Ad esempio, dentro un mondo in cui l’inflazione non è più il nemico da combattere, ma l’amico (virtuoso?) da creare;
  • E così via….

Se nel mondo globale una analisi corretta non può essere limitata all’Italia, ovvero fatta solo “Italia su Italia”, non si possono tuttavia neppure evitare riflessioni e discussioni specifiche proprio sul “caso-Italia”.
Non è questo un esercizio facile, perché l’Italia è un paese molto antico ed anche per questo molto complesso.
Una complessità che deriva da una straordinaria combinazione di fattori.
In estrema sintesi si espongono qui di seguito i 10 principali (certo non esaustivi) fattori che marcano il “particularisme” italiano.

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Come suggerisce l’arte retorica si inizierà comunque dai 5 fattori negativi:

  • la demografia. Il “Welfare State”, inventato nel nord europa ed applicato nel contesto favorevole del mediterraneo (sole, clima, cibo, etc), ha avuto in Italia un iniziale straordinario successo.
    Disegnato per portare “dalla culla alla tomba” ha in effetti prodotto “poche culle, poche tombe”.
    Questo un assetto non ottimo: siamo sempre meno numerosi, sempre più anziani.
    Gli ultimi dati sui tassi di natalità e mortalità sono, insieme, straordinari e drammatici;
  • il sistema legale, la quantità di regole, i costi e diritti imposti alle imprese, sommati alla drammatica inefficienza della burocrazia, bloccano tutto e costituiscono un drammatico freno allo sviluppo (la sola Gazzetta Ufficiale europea del 2014 è fatta da 11.099 pagine ed è estesa per 692 metri quadrati!);
  • l’Italia è, in europa, l’unico paese “duale”. Il nord Italia è infatti più ricco della media europea. Nord e centro Italia (40 milioni di abitanti, come un medio paese europeo) sono nella media europea. Il sud Italia (20 milioni di abitanti) è invece sfortunatamente uguale (simile) alla somma di Portogallo e Grecia;
  • not in my backyard!” Egoismi e localismi si stanno diffondendo su scala sempre più vasta, erodendo le basi unitarie dell’idea di “bene comune”. Sta in specie riemergendo dalla storia l’antica maledizione del Medioevo italiano (“guelfi” contro “ghibellini”). Senza contare l’espansione della malavita organizzata;
  • l’Italia è l’unico paese europeo che aggiunge alla crisi economica una fortissima crisi politica.
    Come è sempre più evidente che le due crisi interagiscono e si autoalimentano!

E poi certo anche i 5 fattori positivi:

  • abbiamo la seconda manifattura d’europa (più di Francia, Inghilterra, etc), la quinta e/o sesta del mondo. L’industria italiana è strettamente integrata con quella tedesca ed ancora sviluppa ed ha ottime performance sull’estero;
  • siamo circa 5 milioni di imprenditori e professionisti, più che in Germania, in Francia, etc. Nonostante tutto, siamo dunque un popolo vitale sul mercato;
  • la ricchezza reale italiana è sottovalutata o non valutata nelle statistiche (moonlight economy, “investimenti” italiani all’estero, etc.);
  • almeno fino al 2013 (poi…?!) il bilancio pubblico è stato in surplus, in avanzo primario. Il deficit pubblico italiano è sceso più che nella media europea. Il debito pubblico italiano è salito meno che nella media europea. Le famiglie italiane hanno molto patrimonio (risparmi finanziari + immobili) e pochi debiti;
  • non tutto in europa e/o con l’europa è già fatalmente perduto, neppure per l’Italia!


In sintesi emerge, in tutti questi termini:

  • da un lato, il rischio non marginale della “tempesta perfetta”;
  • dall’altro lato, il rischio reale di un crollo generale delle nostre strutture sociali, politiche e culturali.
    In specie, proprio a questo ultimo proposito: dove erano i leaders, ovvero i “maestri”? Gli stessi che oggi dicono o scrivono, per sopravvivere, l’esatto opposto di quello che prima hanno detto e scritto per vivere!

    Mai un dubbio, mai una incertezza, mai una idea od una formula che non fossero “ortodosse” e per ciò configurate in forma non discutibile come dogmi.

Oggi non è comunque il caso di chiedere “mea culpa”, di organizzare processi e/o  di formulare giudizi di tipo politico o culturale: “de praeteritis non est consilium”!
All’opposto, oggi è il caso di ragionare insieme e senza superficialità  sui fenomeni drammatici che sono in atto nel mondo, che sono in atto in europa e che di qui e di riflesso investono il nostro paese.  
E dunque una libera discussione tra spiriti liberi che, a vario titolo, si sentono responsabili verso il presente e verso il futuro del loro paese.

Per fare meglio, od almeno per evitare il peggio, abbiamo davanti un tempo non troppo breve e tuttavia piuttosto critico.

Naturalmente può essere che si vada a votare prima, prima della scadenza naturale della legislatura. Ma lo si dovrebbe fare con la legge vecchia, considerata inefficiente e comunque incostituzionale.

In alternativa, l’allineamento “italicum” + “nuovo Senato” non può essere operato prima del 2018 perché, dopo il “referendum”, per eleggere in base alla sua “riforma” il nuovo Senato si devono comunque fare 19 nuove leggi elettorali regionali e 2 nuove leggi elettorali provinciali!

Dunque, da oggi al 2018 abbiamo davanti un intervallo di tempo critico e dagli sviluppi non facilmente prevedibili in termini positivi, sviluppi tanto dal fronte esterno (immigrazioni, ordine pubblico, etc), quanto dal fronte economico (crisi internazionali, crisi interne bancarie, veleno del bail-in, clausole di salvaguardia, etc.)

Per sviluppare una riflessione civile in questo contesto si dovrebbero evitare alcuni errori:

  • non illudersi su soluzioni salvifiche determinate da forme di politica leaderistica e/o “antropomorfa”. Le giuste soluzioni, infatti, o sono condivise o non sono. E’ il caso di passare dall’“io” all’“insieme”;
  • sono fondamentali il dialogo e l’interazione. Non come nella “Magna Grecia” con la divisione per sette, tra acusmatici ed acroamatici, tra chi poteva parlare e non ascoltare e viceversa!
  • se la tecnica non può essere applicata senza ragione (politica), neppure la politica può essere indipendente dalla tecnica. Ciò che sembrerebbe funzionare tecnicamente può infatti essere irrealizzabile politicamente e viceversa.
  • Anche per questo, ammesso che siano mai esistite, non esistono più idee perfette, ma idee che sempre vanno sperimentate con metodo pratico-empirico;
  • cadute le vecchie ideologie, avanzando in “terra incognita” non si possono comunque proiettare sul futuro soluzioni del passato.

    
Ferme tutte le possibili critiche e/o suggerimenti e/o varianti, questi potrebbero essere il senso ed il metodo della riunione di venerdì sera e di sabato:

Riunione che sarà suddivisa in tre sezioni:

  • cena di venerdì 22, su politica estera e demografia;
  • prima sessione, sabato mattina, su europa-Italia;
  • seconda sessione, sabato fino a metà pomeriggio, su economia (internazionale e nazionale) e questione fiscale.


La discussione sarà introdotta, la sera di venerdì 22, da Franco Frattini e da Gian Carlo Blangiardo; la mattina di sabato 23, prima da Enzo Moavero Milanesi e poi, a seguire, da Paolo Savona.
Dopo le introduzioni, via via si svilupperanno (sono attesi!) interventi liberi, e con ovvia possibilità di ripetizioni, di interazioni, di scambi tra diverse esperienze, tra diversi punti di vista.

L’obiettivo, se il “palinsesto” così congegnato funziona, è quello di proseguire con altre riunioni (anche estese dal campo più strettamente politico-economico a quello “tecnico-scientifico”), in modo da creare e consolidare una piattaforma di valori e principi condivisi e poi una rete di rapporti personali ispirati dal comune senso di responsabilità.

Quella che usando una parola un po’ ricercata si potrebbe definire come una “koinè”
Anche la creazione di un sito/blog potrà consolidare l’iniziativa.

Come chiudere? Abbiamo molte difficoltà, ma anche molte “chance”.
La storia ci ha fatto molto complessi, ma è proprio la storia che ci dà anche speranza.
In fondo la nostra decadenza è iniziata un millennio e mezzo fa …  con la caduta dell’Impero Romano di Occidente!
Ma poi – appena dopo un millennio – è venuto il Rinascimento!
E dunque ora, se lo vogliamo, ancora siamo “still alive” e “just in time for a better time”!
Tutto questo lo dobbiamo a noi stessi, agli altri, al nostro paese.

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